Un anno di Servizio Civile con persone con disabilità. Un anno di crescita, un’esperienza unica per molti giovani. Pubblichiamo il racconto di Silvia, volontaria per un anno nella nostra struttura residenziale di Cenate Sopra
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La Comunità è stata il mio angolo sicuro
di Silvia Ferazzini
Mi sono iscritta al Servizio Civile per evitare un inutile tirocinio universitario ed entrare già a far parte del mondo del lavoro. Il mio scopo era quello di finire in un nido o in una materna, un ambiente a me molto familiare e congeniale. Alla comunicazione che ciò non è stato possibile ero un po’ affranta e a malincuore mi sono trovata ad accettare la scelta di farmi lavorare in un contesto totalmente diverso e nel quale non mi sentivo affatto a mio agio.
La disabilità era un mondo a me sconosciuto all’inizio di questa esperienza e solo oggi, alla fine del mio percorso, capisco quanto in realtà mi sia servito a livello personale e lavorativo. Ho iniziato il mio percorso con molti dubbi e non nego il fatto che dopo pochi mesi volevo lasciare tutto e ritirarmi; l’unica cosa che mi dispiaceva era il lasciare i ragazzi, così mi sono fatta forza e sono andata avanti.
Arrivata a metà del mio percorso avevo più difficoltà a rapportarmi con i miei genitori che con gli utenti, che ormai sono diventati parte di me e del mio cuore, non riuscivo a fargli capire quanto fosse bello e importante per me quello che stavo facendo e quanto in realtà mi piacesse e mi riempisse. Se devo essere sincera neanche io capivo come fosse possibile una cosa del genere fino al giorno in cui tutto è finito. La comunità per un anno è stato il mio angolo sicuro in cui non venire giudicata, ma solamente accettata.
La disabilità è spesso vista e affrontata come un tabù, una cosa brutta e paurosa solamente perché differente. Per descrivere il mio anno di servizio civile e la mia esperienza con questo tipo di utenza ho scelto una canzone di Renato Zero, dal titolo “Nei giardini che nessuno sa“.
Penso che non smetterò mai di ringraziare le persone che hanno permesso tutto ciò e con la prossima frase vorrei incoraggiare ragazzi e ragazze come me che a volte hanno paura ad uscire dalla loro confort-zone a mettersi in gioco, e qualsiasi cosa accada a non arrendersi mai perché questa è un’esperienza inusuale che occupa tempo e fatica, ma che ti ripaga riempiendoti il cuore.
Concludo facendo un appello a tutte le persone affermando che Renato Zero aveva ragione quando diceva che “Siamo noi gli inabili, che pure avendo a volte non diamo”.