di Alessandra Locatelli, infermiera ADI
La pandemia ha messo in luce l’essenzialità del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Mentre la maggior parte del mondo chiudeva – compresi molti dei nostri servizi alla persona – la richiesta di cure dell’ADI esplodeva letteralmente. Gli operatori ADI hanno lavorato ininterrottamente per sopperire alle esponenziali richieste dei pazienti sul territorio, molti dei quali colpiti dal Covid-19.
Come hanno vissuto questo periodo? Quali emozioni dalla “prima linea”? Lo abbiamo chiesto alla nostra collega infermiera, Alessandra Locatelli.
«La prima emozione è stata la paura. Non tanto per me stessa, quanto di essere io il vettore che portava il virus ai pazienti. Impazzivo nel disinfettare tutto. Poi è sopraggiunto il senso di impotenza. I medici erano pochi, spesso anch’essi ammalati. è capitato di aspettare per ore l’ambulanza, ci sono stati giorni in cui eravamo sprovvisti di ossigeno.
Le famiglie colpite dal virus ti investivano di tutte le loro speranze. Gli ammalati si sentivano in colpa, degli appestati. Oggi – chi ce l’ha fatta – ancora ci ringrazia e ci emoziona. Pur lavorando da sola, in quel periodo ho sentito forte la vicinanza delle colleghe e dei colleghi. Ci siamo fatti forza a vicenda.
Credo che il Covid abbia fatto capire quanto sia importante lavorare sul territorio. Bisogna essere molto preparati per entrare nelle case dei pazienti e delle loro famiglie. Occorre adeguarsi allo stile di vita, conquistarsi la fiducia, ancor prima che curare la patologia
Dal 2020 mi manca il contatto e il sorriso con le persone. Mi piace stringere la mano, abbracciare, capire le emozioni del paziente e trasmettere le mie. Bardati con la mascherina, tuta, guanti doppi, visiera, manca questo contatto che diventa un vero e proprio supporto in più. La paura di avvicinarsi troppo alle persone e allo stesso tempo il bisogno della vicinanza, non solo emotiva, ma anche fisica, soprattutto per confortare gli ammalati, è quanto mi è pesato più di tutto in questa situazione».